sabato 17 febbraio 2018

IL CORAGGIO DI CONDIVIDERE

Quella mattina era uscita da casa più presto del solito, così ne aveva approfittato per raggiungere il tribunale seguendo un percorso più lungo, che faceva di rado. 
Lo scirocco soffiava con forza, infastindendola con la sua carica di umidità, che sembrava appiccicarle i brutti pensieri in testa, anzichè permetterle di allontanarli, come avrebbe voluto. 
Quasi giunta a destinazione lo vide e immediatamente sentì un macigno colpirle lo stomaco. 
"Elisa, dobbiamo parlare!" disse lui in tono autoritario ed asciutto.
"Non abbiamo più nulla da dirci" replicò lei con rabbia.
"Possiamo ricominciare ad essere felici insieme, se solo tu ammettessi di aver commesso un enorme errore lasciandomi".
"Franco basta. E' FINITA!" 
Accelerando il passo varcò l'ingresso e si infilò nell'affollato ascensore dell'imponente edificio, per raggiungere la sua postazione di lavoro. 
Tirò un sospiro di sollievo: almeno per quelle 6 ore, se ne sarebbe liberata.

La settimana trascorse tra i soliti alti e bassi.
Ogni volta che usciva si guardava in giro sospettosa. Temeva di incrociare quegli occhi verdi, che tante volte aveva contemplato quando i loro sguardi languidi si incrociavano, ma che ora le facevano solo paura.
Quella sera doveva passare a prendere Francesca, per andare alla consueta riunione settimanale con le amiche. Si accingeva a salire sulla sua auto quando, da dietro le sue spalle, sentì provenire una voce, che ben conosceva. 
D'istinto si voltò e se lo trovò davanti.  Il battito del suo cuore cominciò a riecheggiarle per tutto il corpo.
"Ti voglio parlare, dobbiamo chiarirci tu ed io" le disse lui, stringendole con forza le braccia. 
"Franco, smettila! Io non ti voglio parlare. Lasciami in pace" ma quell'uomo non la mollava e continuava a stringerla sempre più forte. 
"Ti prego, lasciami andare, mi sta aspettando Francesca, faccio tardi...."
"Tu non vai da nessuna parte se io non voglio, hai capito?" e cominciò a strattonarla con violenza.
Le lacrime iniziarono a scendere silenziose, mentre la paura saliva, insieme al battito del cuore, che ormai le rimbombava nella testa.
"Lasciami, mi fai male!" gli urlò tremando, ma lui ignorandola aprì la portiera posteriore dell'auto, come un automa impazzito la sbattè sul sedile e le si piazzò a fianco, iniziando ad inveirle contro.

Una coppia di mezza età che passeggiava poco distante col cane, notando i modi insoliti di quel distinto signore brizzolato, rallentò e poi,  nell'osservare quella improvvisa violenza, passò subito all'azione.
Il marito avvicinatosi ad una portiera dell'auto iniziò a bussare sul vetro, attirando l'attenzione dell'automa impazzito, mentre la moglie, avvicinatasi alla portiera opposta, l'aprì e con fare risoluto si rivolse alla malcapitata, ormai in preda al terrore: "Signora, tutto bene? Presto, venga con noi!" e la aiutò ad uscire rapidamente. Scioccata e sorpresa Elisa uscì piangendo dall'auto e si allontanò con la coppia sconosciuta, mentre il loro cagnolino le trotterellava intorno.
Vergogna e paura si intrecciavano, facendola tremare come una foglia al vento. 

Lacrime silenziose le solcavano il viso, mentre la coppia sconosciuta la invitò ad entrare nella gelateria sul corso, dove le offrirono una tisana. Mentre il liquido caldo le scendeva nello stomaco, la mente annebbiata iniziò a distinguere un po' meglio le cose fuori e dentro di lei.
Ancora incredula di trovarsi in quella situazione, ringraziò la coppia che con garbo l'aveva sottratta a quell'uomo e non appena si sentì al sicuro nella sua abitazione, prese il telefono e chiamò Francesca. 
"Franci, sono io. Scusa il ritardo. E' successo un casino, ma sto bene. Domani devi accompagnarmi a fare una denuncia".